Il colloquio clinico è senza dubbio la modalità principale attraverso la quale il professionista della salute mentale (psichiatra, psicologo clinico, psicoterapeuta) mette in pratica le proprie conoscenze e competenze per poter entrare in contatto con un paziente, poterlo comprendere (con la ricerca e la valutazione diagnostica) e aiutare (con l’orientamento e la terapia).

È un ascolto ma anche un ascoltarsi, perché una persona con la sua storia non ci lascia certo indifferenti, fa risuonare qualcosa anche dentro di noi e questo dobbiamo metterlo in conto se vogliamo essere obiettivi nella nostra esplorazione dell’altro.



Sicuramente l’intervista clinica rappresenta la modalità pressoché esclusiva di incontrare un paziente in ambito psichiatrico o psicologico e così molte cose su di essa si conoscono e si danno per scontate. Non per questo il colloquio deve diventare consuetudine, prassi, poiché rimane un’opportunità unica per conoscere e aiutare la persona con i suoi problemi e la sua sofferenza.

Pertanto, un libro sul colloquio clinico lo si accoglie sempre con entusiasmo, perché sicuramente aggiunge qualcosa di nuovo a quello che sappiamo o crediamo di sapere.



E la considerazione è assolutamente valida per questo eccellente volume di Roger A. MacKinnon, Robert Michels e Peter J. Buckley, giunto alla sua terza edizione, che ho l’onore e il piacere di presentare nella sua prima edizione italiana. Un libro edito negli Stati Uniti dall’American Psychiatric Publishing (APP) e accolto con entusiasmo e grande apprezzamento, che si rivolge a un vasto pubblico di professionisti, sia esperti sia alle prime armi e anche ai giovani studenti in formazione, desiderosi di un testo aggiornato, esaustivo, che rappresenta un’ottima sintesi tra interessanti e utilissimi concetti teorici e la pratica clinica.



Dopo una prima lettura si può senz’altro affermare che questo volume si distingue per un’impostazione chiaramente psicodinamica e molta attenzione è stata posta proprio alla relazione tra intervistatore e intervistato e alle dinamiche che la caratterizzano.



Proprio per il modo chiaro e coinvolgente con cui gli argomenti sono stati trattati, i contenuti del libro e i notevoli spunti di riflessione che vengono proposti sono d’indiscusso interesse anche per coloro che seguono impostazioni teoriche diverse da quelle psicodinamiche.



Gli Autori seguono un’impostazione del colloquio che mira a una comprensione globale del paziente, senza aderire rigorosamente agli standard della nuova versione del DSM (che pure vengono riportati per le varie patologie considerate), ma seguendo, piuttosto, un approccio più olistico.



La prima parte del volume è composta da due capitoli e appare subito molto interessante perché si concentra sul colloquio e sulla sua dinamica. Dopo una prima introduzione, gli Autori passano in rassegna quelli che sono i principi generali del colloquio (clinico, diagnostico, terapeutico), gli attori coinvolti, il setting in cui si svolge un’intervista. Gli Autori si soffermano quindi sulle dimensioni dell’approccio psicodinamico, partendo da un accenno ai principi generali e alla loro applicazione in ambito psicopatologico.



La seconda parte del volume è quella più corposa (ben quattordici capitoli) e rappresenta il “core” del lavoro. In essa il colloquio viene esaminato nel contesto delle sindromi di più frequente riscontro nella pratica clinica.



La trattazione è arricchita da interessanti e utili casi clinici che chiariscono e concretizzano i concetti riportati nei vari capitoli.



La terza parte si articola su tre capitoli e include alcune speciali condizioni cliniche, per esempio i pazienti ospedalizzati o ricoverati in emergenza al pronto soccorso, come pure i pazienti appartenenti a culture diverse o con differenti background.



La trattazione dei pazienti appartenenti a culture e background diversi rappresenta un argomento di grandissima attualità, che sta cambiando anche il modo di fare psichiatria o di praticare la psicoterapia.



L’ultima sezione del libro include due capitoli ed è dedicata alla descrizione dei fattori che influenzano il processo dell’intervista. Dal momento che certi settori del progresso hanno un grande impatto sul modo di comunicare e di relazionarsi tra le persone, sono state prese in considerazione anche alcune tra le moderne possibilità di potenziale contatto con il paziente, non solo attraverso le e-mail, ma anche attraverso altri strumenti digitali.



Con la consapevolezza che è difficile evitare il ricorso alle e-mail o ad altri strumenti digitali, gli Autori, forti della propria esperienza, forniscono una serie di riflessioni tese a utilizzare determinati strumenti in modo utile ai fini della relazione con il paziente ed anche a conoscere certi rischi derivanti da un cattivo utilizzo degli stessi.



Il testo, così come impostato, è davvero ricco di nozioni utili pure a coloro che non seguono un filone psicodinamico. Si sa che esistono approcci diversi al colloquio clinico, dettati dagli aspetti culturali e dall’adesione a determinate scuole di pensiero, ma molti concetti possono ridursi a fattor comune.



Tuttavia, questo tipo di approccio e il privilegiare l’utilizzo di procedure strutturate, se da una parte hanno la loro ragion d’essere (praticità, possibilità di essere utilizzate da operatori diversi, maggiore adesione ai criteri diagnostici attuali), dall’altra non sempre facilitano la gestione dell’intervista per il clinico, tendono a descrivere la sintomatologia anziché comprendere il paziente e talvolta creano l’illusione/bisogno di una certezza diagnostica.



La lettura del libro aiuta a dare un senso al perché lo psichiatra o lo psicologo clinico si mettano a parlare con il loro paziente. Difatti, come precedentemente detto, il colloquio clinico, certe volte, rischia di scadere in una specie di rituale obbligato che, proprio perché viene considerato rituale, sembra esimere dalla necessità di chiedersi perché lo si fa.



Lo psichiatra o lo psicologo clinico non debbono avere la preoccupazione di dare una prescrizione medica o di desiderare un successo, ma ciò che costituisce la loro specificità sono la ricettività e la capacità di ascoltare, poiché il loro ruolo è anche quello di permettere che la parola abbia il suo significato, non in puro senso semantico, ma come espressione che va accolta e compresa nel significato attribuitogli da quel paziente, relativamente alla sua storia. Il professionista deve sempre essere “osservatore partecipe” e considerare che “il paziente voglia dire qualcosa di diverso” non solo attraverso la comunicazione verbale, ma anche tramite il ritmo del discorso, l’espressione del volto, i gesti, le difficoltà di enunciazione ecc., al fine comprendere i suoi reali bisogni.



In tal modo può, finalmente, realizzarsi una vera relazione di aiuto, in cui lo psichiatra o lo psicologo clinico, con autenticità e libertà, può permettersi di sperimentare degli atteggiamenti positivi di calore, di simpatia, d’interesse e di rispetto nei confronti del paziente, senza per questo interferire con la sua libertà di sviluppare una personalità pienamente distinta, facilitando in tal modo la crescita dell’altro e sviluppando, nel contempo, le proprie potenzialità in direzione della crescita psicologica.



Il colloquio è davvero un momento forte e delicato allo stesso tempo, un’opportunità unica per lo psichiatra e lo psicologo di “essere” con il paziente. Nel libro alcuni esempi riguardano giovani professionisti in formazione che approcciano al colloquio clinico con qualche incertezza e difficoltà.



In effetti chi si trova alle sue prime esperienze di intervista clinica ci chiede come fare un colloquio e magari si aiuta con delle tracce su come condurre l’intervista. Una volta che uno psichiatra o uno psicologo prende dimestichezza con il colloquio clinico, affina l’esperienza e magari diventa anche bravo, bisogna tener presente che uno dei rischi professionali è proprio quello di credersi più bravo degli altri.



Conoscere pertanto le dinamiche e gli elementi del colloquio garantisce la padronanza di uno strumento protettivo per la mente di chi si occupa della mente degli altri. Questa conoscenza, o meglio consapevolezza, aiuta a vedere le proprie capacità nelle loro reali potenzialità e dimensioni, consente di rilevare materiale clinico confrontabile, permette di discuterlo con serietà e franchezza.



Allora non rimane che iniziare a leggere questo interessante lavoro: sarà un percorso che richiederà un po’ di impegno, ma riserverà anche delle prospettive davvero suggestive su un panorama così complesso e affascinante quale il comportamento umano.




Filippo Di Pirro, Prefazione all'edizione italiana di R. A. MacKinnon, R. Michels, P. Buckley, Il colloquio in psichiatria e psicologia clinica, Giunti Psychometrics, 2019



Per approfondimenti sul tema:



SAFA (Scale Psichiatriche di Autosomministrazione per Fanciulli e Adolescenti). L’unico strumento con sei scale corrispondenti a sei settori psicopatologici



BAI (Beck Anxiety Inventory). Uno dei test sull'ansia più utilizzati



BDI-II (Beck Depression Inventory - II). Il test di Beck che è diventato standard per la misura della depressione



PPI-R (Psychopathic Personality Inventory - Revised). Un ausilio per l'analisi e la gestione della psicopatia



CAPS (Clinician-Administered PTSD Scale). Il “gold standard” diagnostico per il disturbo post-traumatico da stress



SCL-90-R (Symptom Checklist-90-R). Un test completo per configurare i sintomi psicologici



PTI (Psychological Treatment Inventory). Per una valutazione evidence-based del trattamento psicologico



La terapia a seduta singola. Principi e pratiche



La terapia centrata sul cliente



La terapia psicologica in oncologia. L'approccio breve strategico tra mente e malattia



Il colloquio come strumento psicologico. Ricerca, diagnosi, terapia