Credere nel libero arbitrio rende persone moralmente “corrette”?
23 Gennaio 2019Introduzione
Uno dei tratti distintivi dell’essere umano è quello di credere nell'esistenza del libero arbitrio, un concetto di estrazione filosofico-teologica secondo cui ogni persona ha il potere di scegliere in modo libero e autonomo come pensare e come agire.
Questo interessante studio condotto dal Centro per la Ricerca sulla Cognizione e le Neuroscienze dell’Università libera di Bruxelles sembra mostrare come il non credere al libero arbitrio influisca sulle azioni e sulla percezione umane, in connessione con la moralità.
La ricerca sperimentale
Le ricerca ha come basi un esperimento sulla credenza nel libero arbitrio condotto da Vohs e Schooler (2008) e il paradigma sviluppato da Caspar et al. (2016). Gli studiosi hanno condotto l’esperimento chiedendo al primo partecipante, l'agente, di infliggere o meno una scossa elettrica a un altro partecipante, la vittima, in cambio di una piccola ricompensa economica.
Entrambi i partecipanti sono stati scelti in modo casuale e ne sono stati invertiti i ruoli. Ogni individuo è stato pagato 12 € per prendere parte all'esperimento e poteva guadagnare 0,05 € per ogni scossa inflitta.
Campione
All'osservazione hanno partecipato 40 soggetti divisi tra uomini e donne, con un’età media di 22 anni. Tutti i partecipanti hanno fornito il consenso informato prima dell’esperimento, approvato dal Comitato Etico dell’Università libera di Bruxelles.
Principali effetti ricercati
1) Il numero di scosse somministrate
2) Il comportamento vendicativo
3) Il SOA, “senso di agenzia” dei partecipanti rispetto alle azioni commesse, ovvero la sensazione di essere autori delle proprie azioni ed avere consapevolezza delle conseguenze ad esse associate
Ipotesi di partenza
1) Studi precedenti hanno mostrato che l’incredulità nel libero arbitrio aumenta il comportamento antisociale. In base a tale presupposto i ricercatori si aspettavano quindi che i partecipanti stimolati all'incredulità nel libero arbitrio avrebbero inflitto più scosse alle loro vittime
2) La credenza nel libero arbitrio sembra avere effetti pro-sociali, visibili soprattutto nella riduzione dei comportamenti vendicativi. Allo stesso modo i ricercatori si aspettavano di osservare una riduzione di questo comportamento quando i partecipanti credevano nel libero arbitrio
3) Dai risultati di alcuni studi precedenti, il legame intenzionale sembra ridursi quando le persone sono spinte a non credere nel libero arbitrio, suggerendo così una diminuzione del SOA. I ricercatori si aspettavano, contrariamente a tali risultati, che il SOA non fosse influenzato dalla credenza nel libero arbitrio dei soggetti
Procedura
Tra i 3 e i 5 giorni prima della ricerca i soggetti hanno compilato due questionari online che i ricercatori hanno utilizzato per dividere coloro che credevano nel libero arbitrio da coloro che non vi credevano. All'arrivo in laboratorio sono stati equamente divisi in due gruppi: un gruppo di controllo composto da 10 maschi e 10 femmine e un gruppo detto “senza libero arbitrio” parimenti composto.
Il gruppo di controllo è stato invitato a leggere un estratto dal libro L’ipotesi sorprendente di Francis Crick (1994) che non menziona il libero arbitrio, piuttosto spiega come gli psicologi abbiano cercato di sviluppare un metodo per valutare la coscienza. Il gruppo senza libero arbitrio è stato invitato a leggere un altro estratto dallo stesso libro, che sfida l'esistenza del libero arbitrio menzionando, ad esempio, che il comportamento umano è totalmente determinato dalla genetica.
Alla fine dell’esperimento i partecipanti hanno dovuto rileggere il testo fornito all'inizio e compilare un questionario nel quale descrivere in poche parole le sensazioni che avevano provato e il loro punto di vista sulla ricerca. I partecipanti sono stati pagati separatamente in base a quanto avevano guadagnato.
Risultati
1) I partecipanti che ricoprivano il ruolo di agenti hanno somministrato scosse elettriche alle vittime in 36,29/60 casi. Alcuni test su campioni indipendenti hanno mostrato che il numero di scosse erogate liberamente non differiva in base al gruppo dei maschi, ma differiva in modo significativo per le femmine, suggerendo che la procedura modificava in modo più incisivo il comportamento femminile
2) Per valutare il comportamento vendicativo dei soggetti è stata condotta una comparazione tra il numero di scosse che hanno subito da vittime e il numero di scosse inflitte da agenti. Dai risultati è emerso che nel gruppo di controllo, più i partecipanti avevano subito scosse da vittime, più ne somministravano da agenti. Nel gruppo senza libero arbitrio è stato osservato un modello di risultati simile. Prendendo in considerazione il genere, nel gruppo senza libero arbitrio il comportamento vendicativo si mostrava in modo marcato nei partecipanti maschi. I ricercatori hanno nuovamente esaminato se le convinzioni fondamentali dei partecipanti potessero spiegare le differenze osservate tra i due gruppi. È emerso che le convinzioni fondamentali dei partecipanti non hanno influenzato tali risultati
3) L’esperimento sembra mostrare che il SOA non è influenzato dall'incredulità nel libero arbitrio, come considerato inizialmente. Ciò potrebbe essere dovuto alla combinazione di un esito negativo, il dolore, e di un risultato positivo, il guadagno, che ha agito neutralizzando l’effetto finale dell’azione
Conclusioni
Dallo studio sembra emergere che la credenza nel libero arbitrio abbia un impatto positivo sulla moralità delle azioni dei partecipanti. Il presente lavoro, inoltre, sembra dimostrare che ulteriori fattori, come il genere, potrebbero influenzare l'impatto della credenza e della non credenza nel libero arbitrio sui comportamenti pro-sociali e antisociali.
La strada verso il progresso nella comprensione di come tali credenze influenzino il comportamento umano rimane lunga. Si attendono ulteriori studi sul campo per avvalorare o smentire la tesi sostenuta in questa interessante ricerca.
Articolo originale e riferimenti bibliografici: “The Influence of (Dis)belief in Free Will on Immoral Behavior” del Gruppo di Coscienza, Cognizione e Computazione, Centro di Ricerca in Cognizione e Neuroscienze, ULB Neuroscience Institute, Università libera di Bruxelles, Belgio